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Prime Esperienze
Mia moglie Valeria - Dopo i 40 anni - Cambiamenti - Capitolo 8 - L'incontro
di Marta-trav
02.10.2020 |
14.348 |
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"Il primo contatto!
La sua mano, calda e forte, afferra la mia..."
Ho già avuto modo di dirvi, in apertura del capitolo precedente, che questa storia si basa, in linea di massima, su fatti realmente accaduti, seppur opportunamente rivisitati qua e là. Solo in taluni punti la storia è (necessariamente) frutto della mia fantasia. Semplicemente perché non ero presente ai fatti.Ho volutamente rivisto, invece, i tempi della narrazione. Nella realtà, infatti, quanto raccontato in queste righe ha abbracciato un periodo di tempo lungo oltre due anni.
In quei due anni abbondanti, Stefano e Valeria hanno scoperto molto e sperimentato moltissimo.
Tanto di quello che hanno avuto modo di conoscere in quel lungo periodo è trascritto, più o meno fedelmente, in queste pagine.
Al momento ho scritto ventuno capitoli, tutti, più o meno, della stessa lunghezza. E starei per terminare la storia.
Questo, come vedete, è “soltanto” l’ottavo capitolo.
Tuttavia credo che, con questo racconto, interromperò la pubblicazione.
Per una serie di motivi.
Non ultimo – e lasciatemi una briciola di sano egoismo – lo scarso successo ottenuto dal racconto, specie in termini di feedback.
Pare che molti di voi abbiano letto i miei racconti.
Pochissimi di voi (che, comunque, ringrazio di cuore) hanno tuttavia ritenuto di farmi conoscere quali sensazioni hanno provato leggendoli. Belle o brutte che siano state.
Mi sarebbe piaciuto saperlo da molti più lettori.
Mi sarebbe piaciuto entrare nella “top eight” degli autori più letti.
Immagino che sia tutta una questione di “mi piace” e di commenti.
Ma non ci sono riuscito/a.
Questo è l’egoismo a cui facevo riferimento.
Evidentemente le peripezie di Stefano e Valeria non hanno raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato/a.
E questo mi dispiace, molto.
Tant’è.
Non è certo il caso di fare drammi, intendiamoci.
Vi auguro, pertanto, una buona lettura, per chi vorrà continuare a farlo, almeno per quest’ultimo capitolo.
E, per chi dovesse essere incuriosito da quanto successo dopo l’incontro tra Valeria e Tony, descritto nelle prossime righe ed essersi, in qualche modo, appassionato alla storia e sentito coinvolto, in prima persona, con le dinamiche di coppia qui narrate, dico solo…mi dispiace.
A presto.
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“Ciao. Tu devi essere Valeria, cioè, Valehot, giusto?”, mi domanda, a bassa voce, cautamente, quell’uomo avvicinatosi a me.
“Giusto”, rispondo io. “E tu devi essere Tony, cioè, Tony22, giusto?”, gli chiedo anche io.
“Giusto”, mi risponde, sorridendo.
“Vieni, sediamoci di qua”, mi dice, prendendomi per mano.
Il primo contatto!
La sua mano, calda e forte, afferra la mia. La presa è decisa.
La sento asciutta, liscia. Non una mano da lavoratore. Priva di imperfezioni, almeno al tatto. Non trasmette nervosismo, ansia o indecisione. Anzi, tutt’altro.
La mia, invece, è sudata.
Lui se ne accorge immediatamente.
“Sei nervosa?”, mi chiede.
“Un po’”, gli rispondo.
“Siediti dove vuoi, io arrivo subito”, mi dice, indicandomi alcuni tavoli in fondo alla sala.
“Grazie”.
Mi siedo al tavolo più lontano, nell’angolo.
Solo quando mi sono seduta mi accorgo che Tony è ancora lì. E mi fissa.
Si è goduto lo spettacolo di me che raggiungevo il tavolo, camminando su questi tacchi altissimi.
“Un minuto e sono da te”, mi dice, sempre sorridendo.
Gli sorrido anche io, annuendo.
Mi domando cosa ci faccio in questo bar. Penso a mio marito, là fuori. Ai miei figli. Penso alla mia vita.
Guardo quest’uomo sconosciuto che, a sua volta, mi osserva.
Tony.
Senza dubbio, un bel ragazzo.
Alto, più di mio marito.
Moro e con carnagione scura. Occhi scuri e una leggera barba, ben curata.
Abbigliamento sportivo, ma elegante.
Indossa una maglietta bianca aderente. Si percepisce un fisico tonico, asciutto, sportivo.
L’atteggiamento è di quello che sa il fatto suo. Quasi autoritario.
Quello che invece non vedo, beh, l’ho già visto in foto, sul sito.
Arrossisco al solo pensiero.
Lo sento, amichevolmente, dire agli altri clienti, che, forse, sono anche suoi amici, che devono andare. Oggi il bar chiude prima del solito.
Non mi sfugge che, andando via, i suoi amici gli danno pacche sulle spalle e guardano dalla mia parte, sorridendo e annuendo.
Mi sento una puttana.
Mi viene in mente che gli accordi presi con Tony, però, non erano esattamente questi.
“Un aperitivo alla luce del sole”, mi aveva proposto.
A me sembra che il programma stia prendendo un’altra piega.
Tony chiude a chiave la porta del bar, da dentro. Non abbassa la serranda. Ma spegne le luci sul bancone.
Sparisce nel retro e torna dopo un minuto. Mi si avvicina, sorridendo.
“Non credevo che saresti venuta”, mi dice.
“Ed invece eccomi qui”, dico io.
“E tuo marito? Ti ha accompagnata lui?”, mi domanda.
“Si, è in macchina, qui fuori”, rispondo.
Annuisce.
Mi squadra. Sento il suo sguardo spogliarmi. Lo sento trafiggermi. Entrambi conosciamo parti dell’altro, parti molto intime, per come le abbiamo viste nelle foto e nei filmati, sul sito.
“Mi dici dov’è il bagno, per favore?”, gli chiedo.
“Quella porta laggiù”, mi dice, indicandomi una porta del locale.
“Scusami un attimo. Torno subito”.
“Figurati”.
Sento i suoi occhi su di me, sul mio culo, sulle mie gambe, mentre raggiungo il bagno. So che lo spolverino non esalta la femminilità di una donna. Ma non volevo e non potevo uscire di casa come sono (s)vestita sotto.
Entro in bagno.
Non devo fare la pipì. Mi guardo allo specchio. E vedo una donna, una bella donna. Mi piaccio. Non posso non piacere anche a lui, mi dico. Non sono vanitosa, non lo sono mai stata. Ho sempre visto i miei difetti e mai i miei pregi. Ma adesso, quello che vedo nello specchio, mi piace. Quella donna riflessa è consapevole delle proprie qualità, è determinata e sa perfettamente cosa vuole.
Mi tolgo lo spolverino e lo appendo ad un gancio, lì nell’antibagno.
Mi specchio ancora.
Ora vedo una donna audace e provocante.
Il vestitino che indosso esalta le forme del mio corpo. Quelle forme mi piacciono. E sono sicura che piaceranno anche a lui.
Decido, all’istante, di fare un’altra cosa.
Mi sorprendo anche solo ad averla pensata. Ma la faccio.
Mi sfilo il perizoma e lo infilo nella tasca dello spolverino.
Cerco di abbassarmi il vestitino quanto posso.
Più lo tiro verso il basso, più si scoprono le tette.
Alla fine riesco ad allungarlo almeno fino a coprire il bordo in pizzo delle autoreggenti. Pur scoprendo un po’ troppo il seno. Pazienza.
Mi riguardo ancora allo specchio un’ultima volta, faccio un respiro profondo ed apro la porta.
“Wowww, che figa che sei!”, sento dirmi da Tony, che è rimasto seduto al tavolino di prima.
“Grazie”, gli dico io, fissando un punto a caso sul pavimento.
Tony si alza e mi viene incontro.
“Lasciati guardare”, mi dice.
Rimango lì, immobile, davanti a lui, in piedi, senza sapere cosa fare. Né cosa dire.
Penso a Stefano, là fuori.
Penso a quando ha visto uscire gli ultimi clienti dal bar. A quando ha visto la porta del bar chiudersi a chiave, le luci spegnersi.
Tony mi chiede se voglio bere qualcosa.
“No, grazie, magari dopo”.
“Dopo cosa?”, mi domanda.
“Dopo, cioè più tardi”, chiarisco io.
Mi sorride.
Fissa lo sguardo sui miei piedi. Lo alza lentamente. I pochi metri che ho percorso dal bagno fin dove mi trovo adesso mi hanno fatto sollevare il vestitino in lycra, fino a scoprire una parte del bordo in pizzo delle autoreggenti.
E’ proprio lì che si sta soffermando lo sguardo penetrante di Tony.
Sale ancora più in alto ed arriva alle tette.
“Maledetta me e quando ho deciso di mettermi questo vestito”, penso.
Le tette sono compresse ed esposte. Noto che l’indurimento dei capezzoli è decisamente visibile.
Noto che Tony si sofferma a guardare proprio quel dettaglio.
Alza ancora lo sguardo e lo incrocia con il mio.
Sorride sempre.
Mi chiede di fare un giro su me stessa.
“Stupenda”, lo sento dire, mentre lo faccio.
Sono contenta, fiera ed orgogliosa di me.
Anche perché non mi sfugge che Tony è eccitato, visibilmente.
I suoi pantaloni, aderenti ed elasticizzati, non riescono assolutamente a nascondere quella che deve essere una dirompente erezione.
Lui si accorge che il mio sguardo si è soffermato proprio lì.
“Hai visto che effetto che mi fai?”, mi dice.
Sorrido anche io, stavolta.
“Cosa hai detto a tuo marito?”, mi chiede, inaspettatamente.
“Gli ho detto che se mi sente gridare può intervenire. Ma ora dimenticati di mio marito”.
“Certo. Vieni con me”.
Mi prende per mano, un’altra volta.
Mi porta sul retro, attraversando il piccolo laboratorio.
Apre una porta ed accende la luce.
Una piccola stanza, con una piccolissima finestra, affacciata sul cortile interno del condominio.
La stanza profuma di pulito.
L’arredamento?
Minimale. Un letto matrimoniale, uno specchio che occupa tutta una parete ed un televisore appeso alla parete di fronte al letto.
Insomma, uno scannatoio.
“Qualche volta, quando chiudo tardi, mi fermo a dormire qui”, mi dice, come a giustificarsi.
Mi domando quante donne abbia già portato qui dentro.
Ed ora ci sono io. E’ il mio turno.
Non era esattamente questo il programma concordato.
Mi ero immaginata di sedermi con questo ragazzo in un bar affollato, di scambiare con lui due parole di presentazione. Anche di parlare di argomenti intimi, ovvio. Ma non di trovarmi, dopo nemmeno un quarto d’ora, in una stanza come quella.
Mi guardo intorno. Per quel poco che c’è da guardare.
Lo specchio a parete mi rimanda l’immagine di una donna, bella e provocante, in abiti succinti e di un uomo che le sta dietro, che le si avvicina, che, da dietro, la cinge con un braccio all’altezza della vita mentre con il viso le si avvicina al collo e le dà un bacio dietro l’orecchio.
Lo lascio fare.
La sua mano risale lentamente. Ora è sulla mia tetta sinistra. Inizia un lento movimento, un misto tra un massaggio e una compressione. Il capezzolo si inturgidisce ancora di più.
L’altra mano, improvvisamente, me la sento sull’inguine, sopra il vestito.
Mi lecca il collo, mi tocca le tette, mi tocca la patata.
Mi sto bagnando, lo sento.
Sono eccitata.
Continuo a non opporre alcuna resistenza.
Lui si sente autorizzato a proseguire.
La sua mano sull’inguine scende di qualche centimetro, raggiunge la fine del vestitino, si infila sotto e risale.
Quando si accorge che non indosso le mutandine, cambia atteggiamento.
Fino a quel momento era stato cauto, con movimenti prudenti e misurati.
Ogni sua iniziativa era in funzione di una mia eventuale reazione.
Nessuna reazione da parte mia, ulteriore iniziativa da parte sua.
Ma quando ha notato l’assenza di mutandine mi ha spinta quasi con violenza sul letto, facendomici cadere sopra.
Un leggero gridolino di sorpresa è uscito dalla mia bocca.
“Troia”, mi ha detto, semplicemente.
Mi sono voltata ed ho visto l’espressione del lupo famelico. Io ero la sua preda, la sua vittima.
Si è sfilato velocemente la maglietta, mostrandomi un torace sodo, muscoloso e senza peli.
Si è seduto sul letto.
Si è sdraiato accanto a me e mi ha infilato la lingua in bocca.
Non ho fatto alcuna resistenza, neppure stavolta. Ho dischiuso le labbra e l’ho fatto entrare. Partecipando attivamente al bacio.
Lui, ora, è sopra di me. Sento le sue mani infilarsi sotto di me. Mi afferra per il sedere. Il vestito ormai è risalito ben oltre l’ombelico, arrotolandosi.
Dalla vita in giù sono completamente nuda.
Mi afferra il vestito dalla parte arrotolata e me lo sfila dalla testa.
Sono ancora sotto di lui. Indosso solo il reggiseno, le autoreggenti ed i tacchi a spillo.
Mi rimette la lingua in bocca. Mi tocca le tette.
Decido di prendere l’iniziativa anche io, finalmente.
Con le mani vado a cercare il bottone dei suoi pantaloni.
Riesco a slacciarlo facilmente.
Lui mi agevola, alzandosi.
Si toglie le scarpe, si sfila i pantaloni. Rimane in boxer.
L’animale dentro quei boxer è già tremendamente visibile, impaziente di essere liberato.
“Ti voglio scopare”, mi dice.
Non rispondo. Non saprei cosa dire.
Silenzio-assenso, lo interpreta lui.
Anche perché sono io ad abbassargli i boxer, a liberargli l’animale e ad avere conferma che la foto del profilo di Tony22 sul sito è proprio la foto del suo cazzo. Che ora svetta, in tutta la sua fierezza, a pochi centimetri dal mio viso.
“Chissà cosa starà succedendo là dentro”, mi chiedo.
“E perché Valeria non mi ha fatto sapere niente? Aveva detto che mi avrebbe inviato un messaggio”, penso ancora.
Ho visto uscire quei sei ragazzi.
Ho intravisto un uomo che ha chiuso a chiave la porta di ingresso ed ha spento la luce all’interno.
Se tanto mi da tanto, ora, là dentro, ci sono soltanto Valeria e quel Tony.
A fare cosa?
Dubbi. Quasi certezze.
Sono eccitato.
Ho il cazzo duro.
“Ti piace?”, mi chiede, rendendosi conto dell’espressione di stupore dipinta sul mio viso.
“Si”, gli rispondo, sinceramente.
“Toccalo”, mi dice.
Lo guardo negli occhi.
Quando, un paio d’ore fa, ero a casa a preparami, sapevo, sentivo che sarebbe andata così. Almeno, lo speravo. Anche se non lo avrei certo detto a Stefano.
Anzi, non avevo proprio dubbi su quello che sarebbe successo quella sera.
Potevo non sapere dove. Ma sicuramente sapevo cosa avrei fatto.
E lo sapevo talmente bene che mi sono vestita a tono. Beh, vestita, almeno per il mio standard, è una parolona.
Lo sapevo talmente bene che quando Barbara mi ha depilato la patatina sentivo già gli occhi di un uomo, non quelli di Stefano, che la ammiravano.
Poi ho voluto che fosse comunque lui il primo a vederla. Non a toccarla, però.
Ed ora sono qui. Sdraiata su un letto nel retro di una bar di Milano. Indosso solo un reggiseno, autoreggenti e tacchi altissimi. Ed ho un uomo nudo, un bell’uomo, un ragazzo di trent’anni, forte, muscoloso e visibilmente eccitato, proprio davanti a me.
Mio marito è a qualche metro di distanza da me. Non può vedermi. Ma immaginerà senza dubbio quello che sta succedendo dentro il bar.
Mando un bacio virtuale a Stefano, lo cancello dai miei pensieri e allungo la mano, fino ad afferrare quel meraviglioso cazzo che ho davanti.
E’ più lungo e più largo di quello di Stefano. E di molto. E’ durissimo. Il glande è già completamente scoperto, in tensione, lucido. L’ho scelto proprio per questo.
Mi infilo un dito in bocca, lo bagno. Glielo passo sul frenulo.
Con l’altra mano gli afferro i testicoli, perfettamente depilati.
Anche loro sono sorprendentemente grandi, caldi, pieni.
Glieli massaggio, glieli stringo.
I filmati porno visti in questi ultimi mesi mi sono serviti molto. So cosa devo fare. Anche se a Stefano non l’ho mai fatto.
Inizio a masturbarlo, con delicatezza.
Se possibile, lo sento crescere ed indurirsi ancora.
Ora la sua erezione è straordinaria.
Capisco che sono stata brava. So di essere attraente. So di essere troia.
Mi slaccio il reggiseno.
Le mie tette esplodono. I capezzoli, impertinenti, sono durissimi.
Mi tolgo le scarpe.
“No, tienile”, mi ordina Tony.
Obbedisco.
Lui si toglie i pantaloni e i boxer, ormai arrotolati ai suoi piedi.
Ora lui è completamente nudo.
Io indosso solo le autoreggenti. E i tacchi, come ha voluto lui.
Siamo sdraiati.
Ho una mano sulla sua asta.
Lui sulla mia figa.
E’ un lago. Se ne accorge. Mi sorride.
Mi stimola il clitoride.
Ci sa fare, sto impazzendo.
Mi infila un dito dentro. Che subito diventano due.
Il mio corpo vibra, di eccitazione e di piacere.
In profondità inizia a nascere qualcosa. Quel qualcosa cresce velocemente. L’orgasmo arriva da lontano. Ma arriva inevitabile, veloce, repentino.
“Vengo!”, grido a me stessa.
Mi sento un’adolescente alle prime armi. Sono venuta con due dita nella figa. Troppo presto, accidenti a me!
Tony mi sorride. Capisce che ho raggiunto l’orgasmo.
Sfila le dita dalla mia patata, bagnate, grondanti di umori e me le infila in bocca. Le lecco, le succhio.
Mi bacia. La sua saliva si mischia con la mia e con i miei umori.
“Hai un sapore delizioso”, mi sussurra.
Mi afferra come una bambola. Mi sdraia sul letto, in posizione supina. Lui si mette sopra di me, al contrario.
La sua bocca, vorace, si proietta verso la mia figa. Il suo cazzo, scultoreo, è a pochi centimetri dalla mia.
Sento la sua lingua intrufolarsi nella mia passerina, fradicia.
Mi succhia il clitoride, mi lecca la fessura.
Sono pronta a godere nuovamente.
Tony mi lecca, mi succhia, mi morde.
Sensazioni nuove, dirompenti e straordinarie nascono dentro di me. Sento un calore enorme avvolgermi. Sento la sua lingua entrare dentro di me. Con le mani mi apre le grandi labbra. Espone la mia figa ai suoi occhi, alla sua bocca, alla sua lingua.
Sto impazzendo. I miei gemiti sono un chiaro segnale della mia eccitazione.
“Prendimelo in bocca”, mi dice Tony.
Fino a quel momento mi sono concentrata solo sul mio piacere. Tony, però, mi ricorda che c’è anche lui. E che reclama la sua parte di godimento.
Glielo prendo in bocca, voracemente.
Iniziamo un sessantanove carico di passione.
Lui fa scempio della mia figa arrossata e sensibilissima. Io mi infilo quel bastone più in profondità che posso. Lo sento nella gola.
“Brava, così”, mi dice.
Ci succhiamo e lecchiamo a vicenda.
Mi sto predisponendo al secondo orgasmo.
Ma Tony smette di leccarmi.
Si alza.
Come per magia compare un preservativo. Se lo infila con una sorprendente velocità.
Lui è pronto. Anche io.
Allargo le gambe, lo invito ad entrare.
“Che troia che sei”, mi dice.
Non rispondo. Sono concentrata sulla penetrazione. So che sta per entrare dento di me. Voglio sentirlo dentro. Voglio sentirmi piena. Voglio godere ancora.
“Dai, scopami, cosa aspetti”, dico.
“Ripetimelo”.
“Dai, non fare lo scemo. Scopami!”, grido quasi.
Mi accontenta.
Punta il suo bastone sulla mia figa ed entra. Scivola dentro senza nessuna difficoltà. Lo sento risalire dentro di me. E’ lunghissimo, specie rispetto a quello di Stefano.
Mi sento piena di lui.
Inizia a pompare, prima dolcemente e poi sempre più intensamente.
Il secondo orgasmo è già alle spalle. Non gli dico niente, ma i miei gemiti sono un segnale inequivocabile.
Anche stavolta deve aver capito.
Mi pompa selvaggiamente. Mi infila la lingua in bocca, mi strizza le tette.
Siamo sudati. Fa caldo in quella stanzetta.
Mi volto di lato. Mi vedo allo specchio.
Sono io, sdraiata su un letto, nuda e a gambe spalancate.
Sopra di me c’è un ragazzo, nudo, possente.
Vedo i suoi movimenti decisi e potenti riflessi nello specchio. Li sento chiaramente dentro di me.
Quella situazione mi sta facendo impazzire.
Sono quasi pronta per godere un’altra volta.
Lui ruggisce.
I miei movimenti vaginali mungono quel cazzo enorme che mi sta sfondando. Le pareti della mia figa, dilatate da quel pezzo di carne, lo avvolgono e lo stringono.
Ora mi sento proprio una puttana. Sono una puttana.
Per un attimo Stefano compare nei miei pensieri. Ricaccio subito quel pensiero. E mi dico che, in fondo, è stato lui a spingermi a fare quello che sto facendo.
E quindi mi concentro su Tony, su questo ragazzo molto più giovane di me che mi sta scopando.
E’ meraviglioso sentire con quale impeto mi sta sfondando.
E’ un treno in corsa. Non riesco a fermarlo. Non voglio fermarlo.
Continua a martellarmi con forza.
Le sue spinte, quando affonda i colpi, sono selvagge e potenti.
Il suo peso mi schiaccia.
Il suo cazzo mi apre e mi riempie.
Vengo per la terza volta.
“Ahhhh…vengo…sborro”, lo sento dire.
Mi assesta ancora qualche colpo di bacino, se possibile ancora più forte dei precedenti.
Sono certa che ad ogni colpo corrisponde una schizzo di sperma, tutto finito nel preservativo.
Smette di stantuffarmi. Lo sento calmarsi.
La mia figa è indolenzita. Non è mai stata martoriata come oggi.
Mi fa male. Sono esausta. Ma sono felice.
Tony si rilassa. Si sfila da me e si sdraia accanto a me.
Siamo sudatissimi.
L’odore di sesso riempie quella piccola stanza.
“Dammi dieci minuti e ricominciamo”, mi dice.
“No, basta così”, dico io.
“Come basta così?”. La sua espressione è un mix di meraviglia e delusione.
“Si, basta così per questa volta”.
Non ammetto repliche. Lui capisce e non ne fa.
Mi alzo e recupero la mia roba.
“Vado in bagno”, gli dico.
Lui è lì, sdraiato sul letto, con ancora il preservativo infilato.
Non posso non far caso alla quantità di sperma sulla punta del condom. Tantissima.
Gli sorrido. Apro la porta e torno in bagno, nuda.
Mi risistemo, per quanto posso.
Le autoreggenti si sono smagliate. Il trucco si è sciolto in più punti.
Rimetto il reggiseno ed il vestitino.
Riprendo il perizoma dalla tasca dello spolverino e lo indosso.
Prendo lo spolverino ed esco dal bagno.
Tony è lì, in piedi, nudo.
Si è sfilato il preservativo e deve essersi ripulito il cazzo con qualche salvietta umidificata.
Al momento è a riposo. Ma so che mi basterebbe giocarci un po’ per farlo tornare allo splendore di poco prima.
Vorrei, ma decido di no.
“Tornerai a trovarmi?”, mi chiede.
“Forse”, dico io.
Gli do un bacio sulla bocca ed una carezza sul pisello.
Indosso lo spolverino e mi avvio verso l’uscita.
“Grazie”, gli dico. “Di tutto”.
“No, grazie a te”, mi dice lui.
Mi apre la porta del bar.
Esco.
Sono passate più di due ore da quando sono entrata lì dentro.
Sento la porta richiudersi alle mie spalle, a chiave.
Stefano è lì, a pochi metri da me.
Sta guardando dalla mia parte.
Mi avvio verso di lui, come una donnaccia di strada a fine lavoro.
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